sabato 25 aprile 2009

SEMPRE A PROPOSITO DI DOPPIA DIAGNOSI. Prossima pubblicazione del Centro studi e formazione

Sempre a proposito della Doppia Diagnosi, riportiamo la premessa al prodotto multimediale "DOPPIA DIAGNOSI O DOPPIA SPERANZA? Nuove risposte per nuovi bisogni" curato dal Centro studi e formazione caos.




Un'occasione in più per riflettere su un tema dalle importanti implicazioni culturali, umane e scientifiche. Ma anche per il destino dei nostri servizi dei nuovi bisogni formativi.. e per conoscere il vostro parere sull'argomento.





DOPPIA DIAGNOSI O DOPPIA SPERANZA?
l'introduzione di Mario Scannapieco

Presentare un servizio complesso e delicato come quello rivolto a persone che al ”problema in più” della tossicodipendenza associano un' ulteriore grave sofferenza psichica non può prescindere da una chiarificazione dei termini in questione.Il rischio, altrimenti, è quello di assecondare passivamente la pseudo cultura dell’etichettamento, più o meno scientifico, e la sua subdola capacità di recintare in unghetto più o meno simbolico, persone in difficoltà.Il rischio è, in altri termini, quello di far rientrare dalla finestra ciò che faticosamenteeravamo riusciti a cacciare dalla porta. La tossicodipendenza, infatti, nella nostraesperienza di operatori, si è sempre più rivelata come un problema dell’uomo, un maleoscuro frutto di inadempienze prevalentemente educative, rinunce e fallimenti che, inesorabilmente, chiamano in causa responsabilità familiari, politiche e sociali, comprese, ovviamente, quelle della persona tossicodipendente. Certamente un problema non (o almeno non solo) sanitario. Recintare pertanto il tossicodipendente nel luogo della ”diagnosi", per di più ?doppia?, ha il sapore di una regressione culturale e scientifica, ma soprattutto umana e sociale.Per trasformare questo rischio in un’opportunità, abbiamo avvertito il bisogno di riprendere la questione, a cominciare dalla terminologia usata (e talvoltaabusata) in ambito medico, psichiatrico e psicologico: "diagnosi", "follia", "salute","malattia", "DSM", "test psicodiagnostici, ecc.Ne abbiamo suggerito una rivisitazione utile, si spera, ad una loro integrazione in un processo di sviluppo che veda interagire scienze sociali, medico-sanitarie ed esperienze terapeutiche maturate sul campo. Ma utile soprattutto a non smarrire il primato della persona da riaffermare costantemente nell’ottica di una sua "salutare" responsabilizzazione, in qualsiasi condizione di partenza si trovi, economico-sociale, sanitaria o razziale, ecc.Una persona che, al di là dei tanti segni di disagio che esprime, in fondo richiede sempre e comunque un incontro competente, fatto di ascolto, empatia, solidarietà.
DOPPIA DIAGNOSI O DOPPIA SPERANZA?È un titolo provocazione che fa il verso alla doppia diagnosi, ma non è un vezzo linguistico.Corrisponde invece allo spirito di quanti questo lavoro l’hanno realizzato, mettendoci più o meno direttamente mano e? anima. Corrisponde infatti all’atteggiamento di quanti continuano a scommettere sull’uomo, sulla sua capacità, a volte miracolosa, di tramutare il disagio in risorsa e perché no, di trasformare un doppio disagio in una doppia speranza.Ma è rivolto, con analogo spirito, agli operatori che vivono il rapporto faticoso, e a volte estenuante, con la sofferenza umana. Questo lavoro non pretende di cambiare il loro vissuto, ma semplicemente di demistificare le false soluzioni che a volte ricercano, trascurando la propria insostituibile “competenza umana”.Di fatto vuole offrire un?occasione in più per rimescolare le carte di un “sapere” istituzionale e proporre un nuovo approccio verso gli altri e verso se stessi.




A PROPOSITO DI DOPPIA DIAGNOSI. IL PARERE DI ANDREA DE DOMINICIS, CONSULENTE PER LA CULTURA DEL CeIS DI ROMA

Ma Massimo Ferrentino ci offre anche l'occasione di riprendere il nostro lavoro sulla cosiddetta "doppia diagnosi". Un lavoro di documentazione, aggiornamento e riflessione sul modo in cui il Centro La Tenda si è occupato del disagio di persone con "qualche problema in più".

E' in fase di ultimazione, infatti, "Doppia diagosi o doppia speranza?" un prodotto multimediale curato dal nostro Centro studi e formazione destinato agli "addetti ai lavori", laddove però gli "addetti ai lavori" non sono semplicemente i"professionisti dela salute" ma qualsiasi persona voglia entrare in contatto con altre che persone che soffrono di una sofferenza che forse ha solo bisogno di trovare "le parole per dirlo".

In attesa di fornirvi il prodotto finito, vi proponiamo la lettura delle interessanti considerazioni di Andrea De Dominicis, consulente per la cultura del CeIS di Roma, che fanno da premessa alla nostra prossima pubblicazione e che evidenziano il rischio di un'eccessiva sanitarizzazione dei nostri servizi.


PER UN RINNOVAMENTO INTERDISCIPLINARE

il parere di Andrea De Dominicis consulente per la cultura del CeIS di Roma


E’ sorprendente assistere a come i tentativi e le speranze di riportare problema delle droghe nella sua casa di origine, ossia all'interno del sistema delle relazioni sociali, siano stati abbandonati. Un'ondata di realismo, della politica tutta, delle istituzioni e perfino di molti operatori, ha sommerso quelle tensioni, relegandole a nostalgie del passato o a prerogativa di guru e predicatori. La tensione contenuta nel tentativo di spiegare come e perchè continui a crescere la domanda di anestesia senza utilizzare categorie diagnostiche (ed etichettanti) quali malato, psicopatia, ecc. è drammaticamente crollata, lasciando mondo dei servizi alla mercè dello strapotere del sapere medico. La cura è medica, ossia anche i servizi educativi devono accettare un ruolo ancillare, salvo poi rivendicare pari dignità, non tanto (o non solo) perchè si tratta in generale di servizi gestiti dal privato sociale ma, e soprattutto, perchè estranei alle categorie mentali e agli alfabeti della classe medica. Due sono gli elementi che rendono particolarmente inquietante lo scenario: l'avvenuta saldatura tra paradigma medico e razionalità manageriale e la predominanza di approcci diagnostici a sintassi medica, come nel caso della cosiddetta doppia diagnosi. Non sono in discussione gli enormi benefici che l'avanzamento della ricerca e della pratica medica stanno avendo sulla nostra vita. Di Aids, 10 anni fa, si moriva dopo due o tre anni dal contagio Hiv. Oggi, durata e qualità di vita delle persone contagiate dal virus sono enormemente migliorate. E la ricerca ci sta abituando a non pensare più a frontiere invalicabili. Quindi, in pochissimi anni, da arte riparativa degli inevitabili rovesci della vita, la scienza medica si è convertita in custode della promessa di eternità. Forse tale ruolo, nel nostro immaginario, ci fa sentire intimiditi di fronte a questa scienza. Quello che intendo sostenere è che: I. la predominanza del paradigma medico e clinicopsicologico sta fornendo ottimi argomenti a favore della normalizzazione delle condotte di uso e abuso di sostanze; 2. la normalizzazione non è in sè un problema se con questo termine s'intende il rifiuto di processi di etichettamento sociale e culturale; è sì problema quando diventa sinonimo di controllo sociale, quella stessa tendenza che i sociologi dell'etichettamento avevano rintracciato alla base delle condotte proibizioniste delle cosiddette maggioranze morali (malato è forse più rassicurante di criminale, anche se più sottile e subdolo); 3. se l'uso e la diffusione delle droghe ha accompagnato una fase storica e culturale precisa, rappresentando uno dei percorsi di carriera (in senso di identità sociale) per alcune identità più fragili nella socializzazione (sensation seekers, personalità congelate, forte emarginazione sociale, ecc.), l'attuale mimesi e frammentazione dei consumi e delle preferenze è specchio di nuove configurazioni culturali e identitarie; 4. le categorie esplicative mediche e cllinico-psicologiche non sono in grado di cogliere questi elementi nè, tanto meno, I'informazione dinamica contenuta in questi fenomeni. E, pertanto, devono essere contrastate decisamente nel loro tentativo di egemonizzare ricerca, pratica assistenziale e, soprattutto, politiche e finanziamenti; 5. piuttosto è necessario ridare vigore e impulso alla ricerca e alla costruzione di nuove ipotesi operative, di natura effettivamente interdisciplinare. Qui le comunità terapeutiche, piuttosto che aderire acriticamente a paradigmi clinicoprofessionali, possono e devono giocare un ruolo fondamentale.

A PROPOSITO DI FOLLIA

A FIOR DI PELLE ... cronistoria di un'esperienza di formazione

Massimo Ferrentino è il medico del Centro La Tenda che si occupa specificamente dell'assistenza sanitaria ai nostri ragazzi tossicodipendenti con diagnosi di patologia psichiatrica (le cosiddette "doppie diagnosi"). Al ritorno dal CeIS di Roma, dove ha partecipato al corso di formazione "A fior di pelle" per gli operatori dei servizi per tossicodipendenti con diagnosi psichiatrica, ha voluto raccontarci le sue impressioni.

Massimo Ferrentino in un ritratto del 1988

Riportiamo integralmente la sua entusiastica cronistoria



domenica 19 aprile 2009

CAOSINFORMA VUOLE SAPERNE DI PIU'

LE "PENTOLE" DI CAOSINFORMA

Sulla scorta degli spunti interessanti che stanno emergendo dalla ricercAzione cosa bolle in pentola?, vogliamo allargare il discorso ad altri bisogni emergenti. Vogliamo, in altri termini riflettere insieme ai nostri compagni di viaggio telematici, su cosa "bolle anche in altre pentole".

In particolare, ci interesserebbe conoscere, dal vostro punto di vista “cosa bolle in pentola” nel mondo del lavoro, della famiglia, della salute, del volontariato e della formazione.

Pertanto, nel proporvi alcuni dati emergenti nei vari ambiti di indagine,vi invitiamo a farci pervenire le vostre riflessioni e le vostre ipotesi circa i bisogni che questi stessi mondi esprimono e magari lavorare insieme per progettare qualche risposta condivisa. Nel frattempo abbiamo chiesto a diversi esperti di altrettanti settori di dirci cosa, secondo loro, “bolle in pentola”.
Nel prossimo numero di caosinforma i primi pareri. Per adesso abbiamo messo anche loro … in pentola

mercoledì 8 aprile 2009

LA TENDA E' FATTA DI PERSONE

UNA PASQUA SERENA A TUTTI

DAL CENTRO STUDI E FORMAZIONE CAOS

LA TENDA E' FATTA DI PERSONE.swf

Galleria di ritratti, schizzi, disegni dei "volti" del Centro La Tenda

La Pasqua è il cuore del messaggio crisitiano. E' il "momento storico" che segna il passaggio dell'Uomo dalla sua condizione mortale, effimera, finita, alla condizione immortale, significativa, infinita cui ogni persona è destinata.
Una condizione già iscritta in ogni creatura umana ma che ha bisogno di un gesto di Amore per venire pienamente alla luce.

Ma la Persona è il presupposto di questa redenzione. E' la Persona che accoglie o, ahimè, rifiuta il gesto di Amore di Dio.
Ma la Persona è anche il fine del Centro La Tenda. La Persona che si riappropria della sua dignità, della sua trascendente progettualità e per la quale ogni giorno, quotidianamente, si investono energie. risorse, speranze.

Auguri a tutte le persone che ieri come oggi, come domani, accompagnano il Centro La Tenda, perchè insieme riscopriamo Luce della Santa Pasqua.

Perchè... La Tenda è fatta di persone.


lunedì 6 aprile 2009

AMARCORD

Un pezzo di storia del Centro La Tenda attraverso schizzi, disegni e ritratti

GALLERIA.exe

venerdì 3 aprile 2009

LA PENTOLA BOLLE... aggiornamenti dal fronte adolescenti

Cosa bolle in pentola?
Il punto sulla ricerca-azione del Progetto Giovani
di Gianna Metallo

Partito ufficialmente già da qualche mese, il progetto 'Cosa bolle in pentola' è finalmente 'decollato' e prosegue in modo più che soddisfacente. Finalizzato alla ricognizione dei bisogni dei giovani, il Progetto, che vede coinvolte attivamente un campione di scuole superiori del territorio salernitano, è ormai entrato “nel vivo” del suo percorso operativo.
Sono stati avviati gli incontri di formazione con i Peer Educator delle varie scuole, i quali hanno preso parte ad una serie di appuntamenti presso la sede del Centro La Tenda di via Fieravecchia ed hanno avuto l’occasione, non solo di incontrare e conoscere altri giovani provenienti da varie scuole, ma soprattutto di avviare un percorso di riflessione personale e di gruppo sulla propria condizione di adolescenti.

Il gruppo di operatori del progetto giovani

Il gruppo dei peer educator che partecipa attivamente agli incontri settimanali di formazione è composto all’incirca da 15 ragazzi dai 14 ai 16 anni, scelti come rappresentanti ed anche un po’ come leader delle proprie realtà scolastiche.
L’attenzione, l’ascolto attivo, la partecipazione e la voglia di aprirsi al “nuovo” sono alcune delle caratteristiche di questi ragazzi ,osservate durante gli incontri e notate nei momenti meno formali di scambi comunicativi.
I primi incontri con i peer educator, oltre che, ovviamente, alla conoscenza reciproca e alla iniziale conquista della fiducia e della simpatia, elementi fondamentale per garantirsi e assicurarsi la partecipazione dei ragazzi alle attività previste dal Progetto, sono stati finalizzati all’ emersione delle concezioni che questi ragazzi hanno dei propri bisogni e di quelli del mondo giovanile, di come li classificano e come ad essi rispondono.
I Focus Group, in cui un conduttore presentava degli 'stimoli' su cui i ragazzi si sono confrontati, si sono rivelati un utilissimo strumento per scoprire in modo rapido e piuttosto efficace i pensieri di questi giovani rispetto ai loro bisogni. Dai dati emersi pare che tutti definiscano il bisogno come una mancanza o una necessità, dalla condivisione e dalla ri- discussione emerge però in modo netto come tutti trascurino che il bisogno, pur nascendo da una condizione di mancanza o necessità, presuppone un individuo che si 'attivi' per colmare tale vuoto. Piuttosto 'di attesa' la posizione in cui si sono collocati i nostri peer educator, esprimendo spesso una aspettativa di soddisfacimento dei propri bisogni dall’esterno e rimandando a terzi la determinazione della propria condizione. In effetti però dalla discussione di gruppo e in seguito a numerosi stimoli, sono emersi in modo netto bisogni di conoscenza personale, di famiglia e di relazioni amicali positive. Non sono mancate occasioni per riflettere sulla trasgressione e sull’anelata libertà, e sul bisogno di sicurezza. L’incontro finale sarà rivolto alla sintesi dell’esperienza e al passaggio di consegne: i peer educator infatti torneranno in classe e renderanno partecipi i propri compagni del proprio percorso oltre che essere impegnati nella somministrazione a tutto il biennio di un questionario di rilevazione dei bisogni che ci permetterà di conoscere più a fondo la realtà giovanile e strutturare con più consapevolezza dei servizi ad essi destinati.
I laboratori proseguiranno in vista dell’organizzazione del II Meeting dei giovani previsto a fine maggio presso lo spazio giovani di via Fieravecchia.


Ricordiamo le tappe di sviluppo della ricerca-azioni
Step 1
Primo incontro di conoscenza con una classe del biennio per la presentazione del progetto ed individuazione di 3-4 peer educator.
Step 2
Percorso di formazione del gruppo dei peer educator (formato dalla convergenza dei peer educator di tutte le scuole coinvolte) presso la sede del Centro La Tenda di via Fieravecchia: partecipazione a Focus Group finalizzati all’emersione ed individuazione di bisogni.
Testimonianza di altre esperienze di vita: conoscenza ed interazione con i ragazzi delle Comunità alloggio, ovvero avvicinamento a chi, avendo maturato già esperienze di gruppo ed avendo intrapreso da più tempo un percorso di riconoscimento bei propri bisogni, può favorire l’individuazione ed il riconoscimento di varie tipologie di bisogni immateriali.
Messa a punto dello strumento d’indagine, un questionario, finalizzato alla rilevazione a più ampio raggio dei bisogni dei ragazzi.
Step 3
I peer educator, così formati, ritorneranno ciascuno nella propria classe, sostenuti dalla presenza di un operatore, e riproporranno ai propri compagni di classe l’attività di Focus Group, raccontando il proprio percorso e stimolando l’emersione dei bisogni; potranno perfezionare ed utilizzare lo strumento-questionario, ulteriormente arricchito, per la raccolta dei bisogni.
Inoltre i peer educator somministreranno il questionario al biennio.
Step 4
I dati raccolti saranno elaborati statisticamente e pubblicati.
Step 5
Attivazione di laboratori finalizzati all’organizzazione e realizzazione di un evento finale pubblico presso la sede del Centro La Tenda di via Fieravecchia, occasione preziosa per i ragazzi per presentare i lavori svolti e raccontare, da protagonisti, l’esperienza intrapresa.

Gianna Metallo - cordinatrice della ricerca azione "cosa bolle in pentola?"